Smart working per i privati: tutto quello che c'è da sapere per organizzarsi
Negli ultimi mesi è stato necessario adattarsi al fine di riuscire a contenere il problema, prima che la situazione sfuggisse di controllo.
Ci siamo ritrovati quindi dal lavorare in un ufficio pieno di persone e attività diverse, a stare sulla scrivania di casa, lontano da tutto e tutti. Molte sono state le persone che si sono ritrovate in difficoltà, non tanto per l'uso del computer, ma proprio per la gestione dello smart working.
La conversione italiana allo smart working dopo l'arrivo del 4G
Prima di iniziare vi segnaliamo che anche su navigaweb.net trovate preziosi consigli riguardanti questa modalità di lavoro, che sicuramente vi saranno di grande aiuto. Avrete modo di apprendere sia alcuni piccoli trucchetti che vi permetteranno di rimanere concentrati sul lavoro; si di scoprire una lista di gadget economici progettati per farvi stare più confortevoli alla scrivania, senza dolori a gambe e schiena.
Cosa pensano gli italiani del lavoro da casa?
Davanti a questo nuovo modo di lavorare, gli italiani non hanno tardato a far sentire la propria voce, e le opinioni sono state alquanto discordanti. La fascia d'età che maggiormente si è ritrovata in difficoltà è quella degli ultrasessantenni, generazione che a quanto pare non ha tanta dimestichezza con il computer e la navigazione in rete. Contrariamente i lavoratori dai 20 ai 45 anni d'età si sono detti soddisfatti e meravigliati. Lavorare in Smart working senza la continua supervisione del capo, in un ambiente familiare, permette di eseguire la propria attività in maniera più tranquilla e rilassata, senza pressione costante.
Il problema più riscontrato riguarda invece la gestione degli spazi e della famiglia, sopratutto per chi ha figli ancora piccoli. Quando si è nella propria abitazione si viene tentati dal svolgere faccende di casa, o semplicemente prendersi una piccola casa, diminuendo così notevolmente la propria produttività.
Normativa italiana riguardo lo Smart working per i privati
In Italia si comincia a parlare di smart working e lavoro agile già negli anni ’90, in seguito alle prime applicazioni di questa modalità lavorativa in Olanda. Non si registrò il livello di diffusione atteso per il semplice motivo che l’Italia – e gran parte dell’Europa – era tecnologicamente poco evoluta per sostenere i livelli richiesti. In Italia, le prime aziende a introdurre il concetto di smart working sono state le grandi imprese – principalmente afferenti al settore dell’ICT e delle telecomunicazioni - con oltre 500 dipendenti, una realtà dimensionale “piccola” rispetto al tessuto imprenditoriale italiano costituito da PMI da 10 a 50 dipendenti. È solo con la legge 81/2017 (del 22 maggio) che si sancisce la “nascita” ufficiale e regolamentata a livello politico e istituzionale dello smart working. La normativa definisce le condizioni di applicabilità e l’inquadramento del rapporto lavorativo, ma ha trovato un principio di applicazione solo in seguito all’evento pandemico mondiale – iniziato a dicembre 2019 e protrattosi fino ai primi mesi del 2021 – vale a dire nel momento in cui l’emergenza sanitaria “costringe” molte imprese e lavoratori ad adottare sistemi di lavoro a distanza, stravolgendo si fatto non solo le dinamiche lavorative, ma anche gli equilibri sociali, i comportamenti e l’interferenza delle attività umane con l’ambiente. La normativa italiana che risulta essere una delle più avanzate e lungimiranti definisce il lavoro in smart working come un rapporto di lavoro subordinato ma con accordo delle parti: il datore e il lavoratore stabiliscono congiuntamente l’organizzazione del lavoro per fasi o cicli e obiettivi senza vincoli di orario e luogo di lavoro.
Il Telelavoro da un punto di vista giuridico
Giuridicamente lo Smart working per i privati in Italia garantisce:
- Parità di trattamento economico rispetto ai lavoratori in modalità tradizionale;
- Tutela previdenziale per infortuni e malattie professionali come previsto dalla circolare INAIL n. 48 del 2017;
- Fornitura delle apparecchiature elettroniche e di lavoro necessarie all’adempimento delle attività di lavoro;
- Definizione dell’accordo sulla durata ed eventuali condizioni di revoca dello Smart working per i privati
Relativamente alle tutele previdenziali sul lavoro, INAIL con circolare n. 48 del 2017 fornisce una serie di istruzioni redatte per il telelavoro, garantendo ai lavoratori a distanza:
- La copertura assicurativa contro infortuni e malattie professionali che vale anche per i lavoratori agili pur svolgendo l’attività fuori dai consueti locali aziendali o senza postazione fissa;
- La retribuzione riconosciuta ai lavoratori in smart working è la stessa prevista secondo contratto nazionale per la stessa tipologia di lavoro svolta all’interno dei locali aziendali;
- L’obbligo del datore di lavoro di comunicare al Ministero del Lavoro la sottoscrizione degli accordi con i propri dipendenti per lo svolgimento di attività in modalità “agile”.
Smart working per i privati ed emergenza sanitaria
L’emergenza sanitaria ha accelerato l’applicazione massiccia di questa modalità lavorativa, ma ha anche rilevato alcune lacune della normativa che si è cercato di correggere – con necessità di ampliare lo strumento normativo – con il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020, noto anche come Decreto Cura Italia che prevede incentivi per le aziende nell’adottare lo smart working preferibilmente per i lavori che lo consentono e di aprire anche ad altre tipologie lavorative l’applicabilità dello smart working. Il lavoro agile in Italia e all’estero Il quadro normativo europeo prevede da tempo l’applicazione dello smart working – inizialmente – per agevolare la sincronia tra lavoro e vita privata, migliorare le condizioni di benessere psico-fisico, cura ambientale e riduzione del traffico terrestre. Ogni paese adotta “nomi” diversi per definire un metodo di lavoro più “elastico”, ma alla base vigono i principi di flessibilità e responsabilità. Ben prima dell’emergenza sanitaria, alcuni paesi europei avevano adottate politiche del lavoro flessibile molto avanzate.
I dati Eurostat evidenziano come i lavoratori dipendenti che lavorano in smart working sono il 5,5% degli occupati e che i paesi più “virtuosi” sono la Finlandia, i Paesi Bassi e il Lussemburgo, dove la percentuale dei lavoratori flessibili oscilla tra il 10% i 14% della popolazione occupata, vale a dire il doppio della media europea, mentre l’Italia – pur essendo dotata degli strumenti normativi adeguati – rileva una percentuale del 3,6% di lavoratori in “smart working”, ben sotto la media europea. I paesi europei che applicano con maggior successo la modalità di lavoro a distanza o agile hanno anche applicato normative interessanti da sviluppare come buone pratiche anche altrove. La Finlandia, per esempio, offre a tutti i lavoratori la possibilità di svolgere almeno il 50% del lavoro in modalità “smart working” gestendo autonomamente il tempo e l’orario di lavoro. La Gran Bretagna è stato il primo paese europeo a introdurre una legge specifica nel 2014, la Flexible Working Regulation, la quale prevede per i lavoratori che hanno un’ “anzianità” di servizio pari o superiore a 26 settimane il diritto di richiedere forme flessibili di esecuzione del lavoro. Il datore di lavoro può rifiutare la richiesta solo in presenza di fondate motivazioni. La flessibilità può riguardare l’adozione del job sharing, del part time, dello smart working, o l’opzione di applicare la settimana compressa o orari individuali flessibili. Sul modello britannico si è adeguata la normativa dei Paesi Bassi con il Flexible Working Act del 2016. La Francia ha adottato una serie di decreti culminati nella riforma unica della Loi du Travail del 31 agosto 2017. L’adozione del telelavoro non comporta più modifiche del contratto di lavoro, ma prevede un semplice accordo verbale o scritto tra datore e dipendente, vengono garantite le tutele previdenziali e introduce il concetto di diritto alla disconnessione. La Germania, infine, ha elaborato sul modello del piano nazionale Industrie 4.0, il documento Arbeiten 4.0 (Lavoro 4.0) in cui si consiglia l’adozione di modelli di lavoro flessibili integrati alla trasformazione digitale del mercato del lavoro.
Smart working per i privati: Come gestire correttamente alcune tipologie di lavoro
Come vi abbiamo già accennato in precedenza, gestire lo smart working può rivelarsi un'impresa molto difficile, le tentazioni sono dietro l'angolo e basta un piccolo pisolino per dimenticarsi di tutto il lavoro che ci aspetta sullo schermo. A questo punto la cosa più vantaggiosa da fare è crearsi un orario delle attività da seguire, in ordine di importanza e tempo. Così facendo saremo costretti a seguire una precisa tabella di marcia, e non potremo rimanere indietro neanche un minuto. Un altro accorgimento riguarda i social network, ai quali siamo costantemente collegati h24. Quando iniziate il vostro turno di lavoro disattivate completamente le notifiche di ogni applicazione, e mettete anche il cellulare in modalità silenziosa.
Qualsiasi tweet o post di facebook vi arrivi, avrete tutto il tempo per vederlo appena avrete concluso la vostra attività, adesso non bisogna perdere la concentrazione. E' altresì molto importante sapersi regolare e rendere conto di quando il proprio corpo necessita una piccola pausa; vi sconsigliamo di operare il lavoro in smart working in maniera continuata senza alcun break, oltre ad essere controproducente e anche molto dannoso per la salute. Nei minuti di intervallo che avete a disposizione potete idratarvi, fare uno spuntino, o semplicemente sgranchirvi un po' le gambe. Ricordate di non passare mai più di due ore di seguito seduti, altrimenti a fine giornata avrete dolori in tutto il corpo. Per gli occhi vi consigliamo invece gli occhiali filtranti della luce blu, capaci di proteggere la vostra vista da tutte le luci dannose emesse dallo schermo del computer.
L'articolo è stato scritto dalla Redazione di ElaMedia Group